Prima di considerare l’uso del grasso (strutto, olio, ecc.) negli impasti, è opportuno conoscerlo! Chissà che non riusciate anche a capire di più sull’uso del grasso alimentazione in generale!

Chiariamo anzitutto il significato dei termini “grassi”, “lipidi” e “acidi grassi” spesso confusi anche dagli addetti ai lavori.

Il grasso o lipide (sono sinonimi) è composto di molecole (come qualunque forma di materia).

Ciascuna molecola di grasso si compone di 1 molecola di glicerolo e un numero variabile da 1 a 3 molecole di acidi grassi. Gli acidi grassi sono realmente degli acidi!… piuttosto deboli, quindi niente a che fare con ad esempio il corrosivo acido solforico!

Torniamo al nostro grasso…e sintetizziamo:

– grasso = lipide

– grasso o lipide = 1 molecola glicerolo + molecole acidi grassi (da 1 a 3 )

A seconda del numero di acidi grassi quindi avremo:

monogliceridi (una sola molecola di acido grasso)

digliceridi (2 molecole di acido grasso)

trigliceridi (3 molecole di acido grasso)…vi ricordano qualcosa?

La maggior parte dei grassi sono trigliceridi! Ecco perché nel linguaggio comune grassi, lipidi e trigliceridi sono ormai divenuti interscambiabili.

Solo un’altra nota di curiosità…quando ritiriamo le analisi del sangue, il valore dei trigliceridi è molto importante (indica il valore ematico dei grassi) così come quello del colesterolo (che un alcool lipidico…non quindi un grasso così come finora visto).

Non si possono invece confondere i termini “grassi o lipidi” con “trigliceridi”, perché questi sono uno dei componenti dei grassi insieme al glicerolo.

Veniamo ora alle famigerate espressioni “grassi saturi”,  “grassi monoinsaturi”,  “grassi poliinsaturi”.

Ogni molecola di acido grasso è composta da atomi di carbonio (in numero di 16 oppure 18 oppure più) ognuno dei quali si lega a 2 atomi di idrogeno…quindi l’acido grasso non è altro che una catena di questi terzetti (CH2).

Quando una catena è completa l’acido grasso si dice saturo.

Quando una catena è incompleta e mancano 2 molecole di idrogeno (una da parte di un carbonio e una da quello adiacente) l’acido grasso si dice monoinsaturo.

Quando una catena è incompleta e mancano più di 2 molecole di idrogeno l’acido grasso si dice polinsaturo.

Se avete capito andiamo avanti! Ora viene il bello…e il brutto!

Poiché nella maggioranza dei casi i grassi sono trigliceridi, ovvero ciascuna molecola ha 3 molecole di acidi grassi, ciascuna di queste 3 molecole potrà essere satura, monoinsatura e polinsatura, generando 27 combinazioni di possibili molecole di grassi.

Per i più interessati, chiamando “a” l’acido saturo, “b” il monoinsaturo e “c” il polinsaturi avremo queste 27 combinazioni:

aaa  aab  aac  aba  abb  abc  aca  acb  acc  baa  bab  bac  bba  bbb  bbc  bca  bcb  bcc  caa  cab  cac  cba  cbb  cbc  cca  ccb  ccc

Ciascuna di queste molecole “grasse” non ha un nome…sarà semplicemente totalmente satura (la aaa), totalmente monoinstatura (la bbb), totalmente polinsatura (la ccc), e nella maggior parte dei casi parzialmente insatura (tutte le altre 24…un po’ più…un po’ meno a seconda dei casi…).

Ciascun grasso (dite burro, dite, olio, dite margarina, ecc.) sarà dunque un bel “pastone” di queste molecole…immaginate che confusione!

Per definire ad esempio un grasso nel suo complesso tendenzialmente insaturo (come ad esempio di dice dell’olio di oliva) non possiamo solo contare le molecole totalmente polinsature, perché anche quelle parzialmente polinsature (che hanno ad esempio un acido grasso saturo e 2 insaturi) concorrono allo scopo di renderlo globalmente tendenzialmente polinsaturo!!!

Come si fa quindi? Si “smontano” idealmente tutte le molecole di grasso  e si contano direttamente le molecole di acidi grassi (3 per ogni molecola di grasso) secondo le 3 tipologie!

Che fine ha fatto il il glicerolo? Lo si esclude perché non influisce sulla definizione di saturo o meno del grasso.

Nel caso dell’olio di oliva scopriamo che è monoinstaturo per  il 70%, polinsaturo per il 15% e saturo per il restante 15% (valori chiaramente approssimati e variabili).

Poiché quindi l’85% delle molecole di acidi grassi, “smontati” dalle originarie molecole di grasso, sono insature, ecco che l’olio di oliva viene detto “tendenzialmente” (e non totalmente) insaturo.

Bello no?!? Ma a che serve tutto ciò?

Tutto ciò serve a capire perché i grassi insaturi sono più salutari! I grassi animali sono saturi! …e non fanno molto bene…ecco perché impastare per la pizza o simili con lo strutto, potendo fare diversamente, è roba da trogloditi!!! Si faceva in tempo di guerra per l’assenza di olio! E si fa ancora laddove l’olio non è accessibile!

Tutto ciò serve a capire che un grasso, più è visivamente liquido (allo stato naturale) più è ricco di acidi grassi insaturi, poiché queste molecole, nel punto in cui mancano di atomi di idrogeno, formano una sorta di piega; le molecole di grasso cui appartengono non possono quindi legarsi più strettamente con le altre come invece fanno nella caso delle “totalmente sature”.

Tutto ciò serve a chiarire il mistero dei grassi omega-3!
Primo errore della comunicazione di massa! non “grassi” ma “acidi grassi”…si parla di omega-3 per indicare acidi grassi (quindi componenti delle molecole di grasso).
Negli acidi grassi chiamati omega-3, contando gli atomi dalla fine della catena (omega è l’ultima lettera dell’alfabeto greco), alla terza posizione abbiamo la prima coppia di atomi di idrogeno mancanti!

Tutto ciò serve a capire che un grasso irrancidisce (odore sgradevole e sapore cattivo) quando le molecole di acidi grassi si liberano dal glicerolo e vagano in autonomia. Tale fenomeno può essere dovuto all’idrolisi (grazie all’acqua e qualche enzima che favorisce il processo) o all’ossidazione (l’ossigeno degenera i legami tra le molecole) accelerata (badate bene!) da luce, calore e tracce di metalli (ecco perché i grassi vanno conservati al buio, al fresco e lontano dai metalli).

Veniamo ora al glicerolo!
La molecola finora apparentemente inutile se non per legare gli acidi grassi, svolge una funzione importantissima nella panificazione. E’ importante per mantenere a lungo la morbidezza dell’impasto una volta cotto e ostacolare la perdita di liquidi. In realtà, senza doverne aggiungere attraverso i grassi (preferibilmente olio EVO), dalla fermentazione dei lieviti e dei batteri lattici ha origine la glicerina, che funziona da emulsionante naturale ed ha anche un lieve effetto antimuffa.

Ulteriormente, valutando la funzione di grassi aggiunti nella panificazione, se consideriamo quanto sia importante nella lievitazione il glutine, quella proteina che forma dei legami “a maglia” responsabili dell’elasticità dell’impasto e della sua resistenza al “rigonfiamento”, una piccola quantità di olio EVO o di olio di semi (di qualità) aiuta ulteriormente nella costituzione di una maglia che impedisca la fuoriuscita dell’anidride carbonica prodotta dalla lievitazione. Questo soprattutto negli impasti poveri di glutine…

Dulcis in fundo, l’aggiunta di grassi in particolari lievitazioni ha una funzione organolettica e di aggiunta di particolari sapori e consistenze.

Veramente in ultimo…come personale opinione…direi che i grassi vanno aggiunti negli impasti solo nel caso si abbia bisogno di migliorare la maglia glutinica o si voglia ottenere uno specifico risultato organolettico!