LA PASTA MADRE
Esistono diversi nomi per indicare la cosiddetta pasta madre: lievito naturale, lievito acido, lievito madre, pasta acida, pasta madre, pasta crescente.
Si tratta semplicemente e meravigliosamente di un impasto di farina e acqua, reso acido da un insieme di microorganismi (lieviti e batteri), che producono la fermentazione (ovvero la lievitazione) dell’impasto.
La lievitazione quindi, che semplicemente conosciamo come il processo di “rigonfiamento” della pasta, è in realtà un processo più complesso di fermentazione, simile a quella che avviene ad esempio nella produzione del vino, della birra, dell’aceto, ecc.
I principali “attori” di questo processo sono i lattobacilli e i saccaromiceti.
Perché è importante conoscere questi “attori”?
Perché sapere come agiscono ci aiuterà nel comprendere meglio la lievitazione, a guidarla e gestirla in maniera consapevole; oltretutto la loro conoscenza ci farà scoprire un mondo di benefici che essi possono apportare alla nostra salute.
Vi chiedo quindi uno sforzo di con cencentrazione…non ve ne pentirete 🙂
Partiamo da tre “operai” che agiscono “pre-digerendo” a nostro favore carboidrati, proteine e grassi complessi, rendendo di fatto un impasto realmente facilmente digeribile!
Le Amilasi sono enzimi in grado di “smontare” gli zuccheri complessi contenuti nella farina, come gli amidi, in zuccheri più semplici come il glucosio.
Le Proteasi sono enzimi in grado di “smontare” le proteine complesse contenuti nella farina, come il glutine, in amminoacidi (“mattoncini” più semplici che costituiscono le proteine).
La Lipasi è un enzima in grado di “smontare” i grassi complessi contenuti nella farina, in glicerolo e acidi grassi semplici.
Veniamo quindi a due altri importanti primi attori: i batteri della famiglia dei Lattobacilli e i lieviti di fama universale chiamati Saccaromiceti.
I Lattobacilli (Lacobacillus è il nome scientifico) sono un genere di batteri; ne esistono almeno 60 specie.
A loro volta fanno parte di un gruppo ancora più vaso ovvero del gruppo di batteri lattici, così chiamati in quanto la maggior parte di essi converte il lattosio e altri zuccheri in acido lattico, mediante la fermentazione cosiddetta, appunto, lattica.
Riassumento, i lattobacilli, all’interno della pasta madre, producono la fermentazione del lattosio e altri zuccheri della farina arricchita di acqua, producendo acido lattico, altre sostanze, e anidride carbonica (biossido di carbonio).
Gli acidi prodotti sostanzialmente “inacidiscono” la pasta, mentre l’anidride carbonica è responsabile del rigonfiamento del pane.
Veniamo ora ai Saccaromiceti (Saccharomyces cerevisiae è il nome scientifico).
Si tratta di un lievito, ovvero di un organismo appartenente al regno dei funghi.
È forse il lievito più importante nell’alimentazione umana, appunto per la panificazione, nonché, come accennavo prima, per la produzione di birra e vino.
Sostanzialmente si cibano di glucosio (prodotto dall’amilasi) e tra i prodotti del loro metabolismo troviamo l’anidride carbonica e l’etanolo, mediante la fermentazione cosiddetta, appunto, alcolica.
Dall’alocl si produce quindi la fermentazione acetico con la produzione appunto di acido acetico.
Riassumento, i saccaromiceti, all’interno della pasta madre, producono la fermentazione degli zuccheri della farina arricchita di acqua, producendo anidride carbonica ed etanolo (ovvero un alcol) e quindi acido acetico (ottimo conservante).
L’anidride carbonica è ulteriormente responsabile del rigonfiamento del’impasto.
Questi due gruppi di attori agiscono a temperature diverse.
I Saccaromiceti proliferano intorno ad una temperatura di 23-24° (sempre più efficacemente fin verso i 30°C e resistono fino a 40°C).
I lattobacilli possono “lavorare” a più basse temperature.
La lievitazione dell’impasto potrà avvenire in una prima fase a bassa temperatura (ad esempio in frigorifero intorno ai 4°C), persino per 24-48 ore e oltre, per ottenere la cosiddetta “maturazione” della pasta ad opera degli enzimi.
Successivamente, riportando la pasta a temperatura ambiente fino ai 24° si potrà favorire l’azione dei Saccaromiceti e quindi la cosiddetta fermentazione e lievitazione definitiva.
Da queste informazioni che potranno forse sembrarvi complesse, possiamo rispondere ad una bella domanda: perché usare la pasta madre invece del lievito di birra (altrimenti noto come lievito compresso)?
Partiamo dagli aspetti negativi della lievitazione naturale…ovvero solo uno: a differenza dell’uso di lievito di birra, la lievitazione acida è molto più lenta e richiede una lavorazione più complessa.
I benefici evidenti nell’utilizzo della pasta madre come lievito sono i seguenti.
Benefici in conservabilità
- L’acidità del lievito madre inibisce la proliferazione di muffe e la contaminazione di batteri nocivi che non resistono in ambiente acido.
- L’azione enzimatica (pullulanasi) rallenta la riaggregazione degli amidi (raffermamento).
- La produzione di esapolisaccaridi (destrano, levano ecc.) da parte di alcuni batteri lattici, che rendono il lievitato più stabile nel tempo.
Benefici nutrizionali
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La proteolisi (parola ostica che indica la scomposizione delle proteine più complesse in più semplici aminoacidi) operata dai batteri lattici comporta una maggiore digeribilità delle proteine stesse, come in una sorta di predigestione.
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Gli aminoacidi, prodotti dalla proteolisi di cui sopra, sono molti di più rispetto alla lievitazione con lievito di birra.
- L’inesistenza del lievito di birra e quindi della sua “indigeribilità”.
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La riduzione dell’apporto glicemico.
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La scomposizione dei fitati, sostanze antinutrienti contenute principalmente negli strati esterni del chicco di grano.
- I fermenti della pasta acida ostacolano lo sviluppo dei microrganismi e di funghi patogeni (fra questi la Candida albicans connessa a forme tumorali), evitando al contempo le mutazioni batteriche endogene, riducendo le infiammazioni intestinali e la normalizzazione del pH digestivo, parallelamente alla produzione di immunoglobuline e al conseguente aumento delle difese immunitarie.
- Altri effettivi positivi: la presenza dei lattobacilli contribuisce a ridurre allergie, diarree; aiuta a regolare la pressione sanguigna e a ridurre il colesterolo; stimola la produzione di enzimi e vitamine B, la sintesi di oligoelementi e la maggiore disponibilità di sali minerali.
Benefici organolettici
- Avremo un aroma, un sapore molto più intensi, a causa della ricchezza di microorganismi presenti e della presenza di acidi (lattico e acetico), anche se a volte può conferire una nota leggermente acida che non sempre è gradita.
- La colorazione della crosta sarà più scura (gli aminoacidi di cui sopra reagiscono con gli zuccheri nella cosiddetta reazione di Maillard durante la cottura).
- Maggiore presenza dei minerali, sempre derivati dall’azione dei batteri;
Quindi, per il lievito di birra, nessuna speranza di competizione…figuriamoci per i lieviti sintetici!
Ora alcuni chiarimenti sul rigonfiamento del pane (ovvero quello che comunemente viene identificato come “lievitazione” (ma abbiamo visto come tale identificazione sia riduttiva).
Abbiamo visto come Saccaromiceti e batteri lattici si cibano degli zuccheri contenuti nell’amido delle farine e producono quindi gas (soprattutto anidride carbonica).
Il gas preme verso l’esterno rigonfiando il pane perché la loro fuoriuscita è contrastata dalla struttura elastica del pasta, attraverso un altro attore fondamentale: il glutine.
Il glutine non è che una proteina, che si origina in presenza di acqua dall’unione di due ulteriori tipi di proteine: la gliadina e la glutenina.
Questi due elementi sono presenti principalmente nei chicchi dei cereali quali frumento, farro, segale, kamut e orzo.
Il glutine si forma quindi dall’unione di questi due elementi durante l’impastamento, e i singoli “mattoncini” del glutine si uniscono a formare una maglia stretta in grado di dare alla pasta elasticità ed intrappolare il gas.
Durante la cottura il gas si scalda accentuando la pressione, aumentando la dimensione degli alveoli del pane stesso.
La ricchezza di queste due sostanze rende quindi la farina migliore per la sua capacità di produrre una pasta elastica e resistente.
L’apporto in salute della lievitazione naturale meriterebbe altri approfondimenti, ma accenno solo ad un aspetto spesso trascurato da chi predilige pani di piccole dimensioni.
La dimensione e quindi il peso del pane dovrebbero essere generosi. Nel cuore della forma (che alcuni chiamino pulcino), fermo restando un giusto tempo di cottura e una corretta temperatura del forno, rimane vitale una quantità di microrganismi che possono continuare a moltiplicarsi dopo la cottura.
Il pane a lievitazione naturale quindi non solo dura a lungo, ma nei giorni successivi alla cottura si arricchisce di elementi salutari e anche organoletticamente.
Maggiore o minore idratazione del lievito madre
Aumentare o diminuire l’acqua utilizzata nel lievito madre potrà far ottenere infinite variazioni tra due tipologie di lievito madre “convenzionali”: lievito tendenzialmente solido (circa 40-50% di idratazione e lievito liquido (circa 100% e oltre di idratazione).
I batteri e lieviti che ci interessano proliferano maggiormente in presenza di ossigeno (comportamento aerobico) e in assenza o scarsità di ossigeno cambiano comportamento (comportamento anaerobio) ovvero si riproducono meno velocemente e iniziano a nutrirsi esponenzialmente, producendo la fermentazione.
In una pasta madre solida avremo per unità di materia meno batteri ma un inizio più ravvicinato della fermentazione.
Una pasta madre liquida tenderà invece ad avere una quantità maggiore di microorganismi (poiché contiene più ossigeno in partenza) e quando inizierà la fermentazione (più tardi rispetto al lievito solido) avrà più batteri all’opera.
Si utilizzerà quindi meno pasta madre liquida rispetto a quella solida per stessa quantità di farina.
Per quelli che pensano che una pasta madre liquida è più acida di una solida, la risposta è: no o comunque non è così decisamente più acida.
In una pasta madre più idratata il numero di batteri aumenta sì più velocemente, ma la maggior diluizione delle sostanze nutritive rallenta il loro nutrimento, ovvero la fermentazione e di seguito l’acidificazione.
Semmai la differenza tra i 2 tipi di diluizione della pasta madre influisce sul rapporto fra i due acidi predominanti: acido acetico e acido lattico, poiché i batteri che producono l’uno e l’altro (saccaromiceti e lattobacilli) si avvantaggiano in misura diversa dell’idratazione e della presenza di ossigeno.
Nel lievito solido si ha maggiore presenza di acido acetico con un rapporto tradizionalmente tra i due che dovrebbe essere di 1 a 3 (acido acetico contro acido lattico). In lieviti meno densi si produce più acido lattico.
In Italia c’è un utilizzo prevalente del lievito solido per tradizione, quindi con una più intensa sperimentazione e documentazione, ma in definitiva non esiste un lievito migliore dell’altro.
Vediamo ora finalmente come ottenere la nostra pasta madre!